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Oggi mio figlio, sbirciando sul mio computer la prima pagina di Repubblica con le contestazioni per i funerali di Priebke, mi ha chiesto: “Papà, come mai c’è scritto boia?”.
“Fammi finire di leggere, poi te lo spiego”, gli ho risposto. Poi, come spesso mi succede, me ne sono dimenticato.

Più tardi, a cena, mentre alzavo per caso il braccio con la mano tesa per raggiungere uno scaffale alto della cucina: “Sai papà – mi ha detto, ripetendo il mio gesto – se fai così, in Germania rischi di andare in galera. Un mio amico tedesco mi ha detto che da loro è proibito. Mi ha detto che è perché era il gesto che faceva Hitler, lo sai? Ah, poi un altro mio amico ha detto che un calciatore l’aveva fatto durante una partita e allora l’hanno sospeso per tredici partite. Che io all’inizio pensavo l’avessero appeso, a testa in giù, durante tutte le tredici partite.”

Dopo cena, ho riaperto Repubblica online sul laptop, e ho trovato questa foto.

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Ora, mentre sto scrivendo, mio figlio sta leggendo un libro sul divano. Fra poco lo porto a letto. Niente fiaba della buona notte, stasera. Invece gli mostrerò la foto, gli dirò che anche da noi in linea di principio fare certi gesti, ripetere certe cose, è proibito. E se nessun poliziotto interviene a impedirlo, forse è giusto che lo faccia la gente.

E poi (una promessa è una promessa) gli spiegherò chi era quel signore del giornale e che cosa significava riferita a lui quella parola, boia.

E gli dirò che a volte, anche se purtroppo non sempre, i boia ci finiscono davvero, appesi a testa in giù.


gravita' zero

God damn it, you've got to be kind.